TRUMP E’ UN MARCHIO REGISTRATO IN CINA , MA NON APPARTIENE A DONALD

Respinto il ricorso al neo presidente che dovrà anche pagare le spese legali

Trump è un marchio registrato in Cina, ma non appartiene al neoeletto presidente americano. Infatti dopo una battaglia legale durata anni, l’ufficio marchi e brevetti dell’ente per l’industria ed il commercio cinese ha respinto la richiesta di registrazione del marchio Trump, perché è troppo simile a quello di un’azienda edile ubicata nel nord della Repubblica Popolare. Il marchio è stato registrato nell’anno 2006, due settimane prima che il potente americano provasse a fare lo stesso col suo nome. La registrazione si riferisce a costruzioni edili nel settore residenziale e alberghiero, stesso settore in cui il miliardario americano ormai opera da anni. Trump ha naturalmente respinto la decisione ed è ricorso più volte a giudizio, l’ultima volta nel 2015. L’Alta Corte di Pechino ha però respinto il ricorso e lo  ha condannato al pagamento delle spese legali. Il Presidente cinese ha telefonato a Trump dopo le elezioni per ricordargli che “la cooperazione è l’unica strada possibile”. Un accordo sembra possibile, nell’interesse comune dei due Paesi, intanto però Trump ha pensato di tutelare i suoi affari e nel marzo di due anni fa ha avviato la procedura per registrare il marchio TRUMP in lettere maiuscole, che è stata accettata in via provvisoria. L’ufficio per la proprietà intellettuale cinese ha dichiarato validi anche “Trump Tower” per gli alberghi e la ristorazione, “Trump Estates” per la gestione delle proprietà immobiliari, “Trump Home” per i mobili.  Il miliardario americano dovrà trovare però un altro nome se intende introdursi nel mercato igenico-sanitario; il marchio “Trump Toilets” è già stato registrato da una ditta dello Shenzen che produce lavandini e sanitari di lusso.

ALLA SCOPERTA DELL’INTERNET DELLE COSE

Il concetto chiave non è più la presenza in rete, ma la connessione; se si è presenti ma non connessi si è soli !

L’Internet delle cose è l’insieme di quegli oggetti e sensori che utilizzano la Rete per comunicare dei dati o altro, ascoltando costantemente ciò che succede nell’ambiente esterno, che sia un impianto industriale, che sia il nostro corpo oppure un elettrodomestico. I dati vengono raccolti in grandi database poi elaborati con l’aiuto di supercomputer capaci di analizzare in tempi stretti miriadi di informazioni che evidenziano aspetti significativi.  Gli ambiti di applicazione sono infiniti. Si passa dalla medicina, con dispositivi in grado di allertare i soccorsi quando ce n’è bisogno, all’agricoltura con sensori immersi nel terreno che segnalano l’umidità del suolo e la composizione dello stesso. Nei prossimi 10 anni la maggior parte del traffico internet sarà generata da miliardi di dispositivi connessi; misuratori, sensori, elettrodomestici , mezzi di trasporto ed interi edifici. E’ l’internet delle cose , che cambierà la nostra vita. Sappiamo dire in un giorno quanti oggetti collegati  alla rete abbiamo utilizzato ? Probabilmente no e sicuramente ne dimentichiamo qualcuno . Abbiamo timbrato un biglietto su un mezzo pubblico ? In tantissime città le obliteratrici sono connesse alla Rete affinché le aziende di trasporto possano controllare in tempo reale l’afflusso dei passeggeri sulle diverse linee e programmare un impiego più efficiente dei mezzi e del proprio personale.  Beviamo un caffè al bar? E’ possibile che la macchina del caffè sia collegata ad internet in modo che chi si occupa della manutenzione sa in tempo reale  quando è necessario intervenire, evitando dei guasti e quindi blocchi di utilizzo. L’unico limite sembra essere la fantasia. Nell’ambito industriale sicuramente l’Internet delle cose crea:

. ottimizzazione dei processi – molti industriali hanno inserito sensori nelle loro catene di produzione al fine di scoprire cosa succede nelle differenti fasi di lavorazione, permettendo di eliminare i prodotti difettosi avendo così una qualità produttiva che si avvicina al 100%.

. ottimizzazione delle risorse – grazie a questi sensori sicuramente si può ottimizzare l’utilizzo di risorse come l’acqua o l’energia elettrica.

possibilità di sfruttare connessioni web agli oggetti per aumentare la tracciabilità dei prodotti al fine di combattere la contraffazione e l’illegalità.

Tutto ciò rappresenta un’opportunità di sviluppo economico, ma anche di migliore tutela della proprietà intellettuale con la possibilità di rintracciare più velocemente le violazioni informatiche. Utilizzare il pieno potenziale di questa trasformazione sistemica richiede sicuramente dei nuovi meccanismi di collaborazione che colleghino l’innovazione e la regolamentazione per gestire questioni complesse, come la privacy, la sicurezza e la proprietà intellettuale.

Italia e Giappone, cosa ci accomuna ?

Una vita dura una generazione, il buon nome sempre.

Secondo il Presidente e CEO Uotani dell’azienda cosmetica Shiseido esiste un’affinità particolare tra i giapponesi ed gli italiani, che consiste nell’avere entrambe una passione per la qualità e la ricerca dello stile in ogni cosa che fanno. Shiseido nello specifico investe da sempre percentuali superiori alla media nel settore ricerca e sviluppo. Oggi però il fatturato da loro realizzato per il 50% é  in Giappone, quindi desiderano sviluppare nel futuro maggiormente l’export ; nell’export ha un ruolo importante l’Italia . Perché? Innanzitutto perché l’Italia è uno dei principali mercati europei per Shiseido, con ulteriori possibilità di sviluppo grazie all’e-commerce ed alle partnership con catene e department store. Secondo punto importante è che la Global digital academy interna di Shiseido , che ogni anno forma circa 600 dipendenti è guidata da un italiano, chief di digital officier di Shiseido. Infine e soprattutto c’è la partnership firmata il 01/07/16 con Domenico Dolce e Stefano Gabbana per la produzione , lo sviluppo e la distribuzione mondiale di fragranze , makeup e skincare con il marchio Dolce&Gabbana. L’obiettivo loro è quello di puntare poi su tutti i mercati. In Europa il potenziale maggiore è nei profumi , in Asia nel mercato beauty domina lo skincare, mentre negli USA il primato lo possiede il makeup. Chiaramente però grazie alla forza del loro brand, le linee Dolce&Gabbana hanno la potenzialità di cambiare il mercato facendo crescere ogni linea in tutti i mercati. I giapponesi facenti parte del team direzionale di Shiseido hanno capito quanto sia importante, per raggiungere obiettivi alti , lavorare a stretto contatto con l’Italia , scambiandosi idee, progetti e visioni.

Il buon nome dura sempre, perché ? Perché il buon nome è caratterizzato dalla professionalità , dalla qualità dei prodotti che necessariamente le aziende di cosmesi , dove c’è innovazione , devono tutelare attraverso la proprietà industriale. La tutela combatte la contraffazione che purtroppo in questo settore è un fenomeno molto diffuso, che oltre a creare danni economici alle aziende produttrici, crea danni anche ai consumatori finali che ravvisano una minaccia per la loro salute e sicurezza.

LA CREATIVITA’ E’ LA CHIAVE DELL’INNOVAZIONE

“Se pensi come la maggioranza il tuo pensiero diventa superfluo!”

E’ impressionante quando tutti sono d’accordo all’ interno di una realtà lavorativa. Se ciò accade significa che i singoli sono caduti nella trappola del pensiero di gruppo per evitare conflitti e promuovere l’armonia del gruppo. Il pensiero di gruppo ha i suoi vantaggi perché ognuno si sente a proprio agio e soprattutto non c’è rischio di creare tensioni negli ambienti. Purtroppo però ha anche degli svantaggi perché può anche uccidere la creatività e l’innovazione. La creatività è una componente chiave per la crescita del business, indipendentemente dal settore di riferimento. Ovviamente a nessuno piace il conflitto, ma gli affari non possono essere stagnanti. Come si può prevenire il pensiero di gruppo non costruttivo e rendere invece il proprio ufficio un ambiente sicuro per l’innovazione e per il pensiero creativo ? Di seguito elenchiamo alcuni suggerimenti da seguire:

. Dare la priorità alla diversità – non può essere un ambiente creativo un ufficio occupato da persone che hanno gli stessi punti di vista. La diversità di etnia, di età, di genere rendono il gruppo di lavoro più costruttivo con la capacità di promuovere idee creative.

. Non scoraggiare il dibattito – non si possono apportare modifiche al sistema senza discussioni. L’importante è moderare il dibattito in modo civile e far emergere il pensiero innovativo.

. Raccogliere suggerimenti anonimi – utilizzare una scatola dove la squadra di lavoro, in modo anonimo inserisce singolarmente la propria idea in merito ad un determinato argomento. Il feedback anonimo fornisce spesso alcune delle idee più oneste e innovative .

. Portare un estraneo – pensare di portare un estraneo  per aiutare a valutare le idee del team. L’estraneo potrebbe essere un membro di un altro gruppo che sicuramente ha un punto di vista fresco e non è preoccupato di entrare in disaccordo con il gruppo solito di lavoro.

. La direzione deve fare un passo indietro – il leader del gruppo deve a volte riuscire a fare un passo indietro; alcune persone si intimidiscono nel lanciare le loro idee perché temono che le stesse non siano in accordo con le autorità.

La libertà di pensiero all’interno di un gruppo di lavoro

genera creatività,

la creatività genera innovazione,

l’innovazione necessità di protezione,

la protezione si attua applicando la proprietà intellettuale.

L’INNOVAZIONE E’ L’UNICA VIA PER TORNARE A COMPETERE

Chi non applica nuovi rimedi dev’essere pronto a nuovi mali, il tempo è il più grande degli innovatori!”

L’Istat , secondo dati raccolti nel mese di ottobre , ha certificato ancora una volta la debolezza del nostro sistema industriale manifatturiero. In tutte le analisi fatte da Istat, che riguardano l’economia del nostro paese, dal Pil, all’inflazione, dalla produzione ai consumi, compare un punto comune a tutti, la bassa crescita. Alcuni sistemi produttivi e industriali europei hanno superato la fase di shock della crisi finanziaria prima e di recessione poi, imboccando strade di recupero costante , che gli analisti indicano come ripresa. Però non si può parlare di una “decisa” ripresa, anche se è stato comunicato che nel prossimo periodo la tendenza al recupero dell’economia sarà confermata. Parlando di bassa crescita è evidente che le politiche industriali messe in atto sino ad ora non hanno dato l’esito auspicato. A questo punto il programma strategico di “Industria 4.0” può essere l’unica occasione per fare un salto di qualità. Secondo un’analisi eseguita da un importante gruppo di consulenza , la Germania con i suoi programmi  di digitalizzazione  della manifattura da oggi al 2025 guadagnerà un punto di Pil all’anno, creando nuovi posti di lavoro altamente qualificati e specializzati. Dalla stessa emerge che sta perdendo terreno il manifatturiero tradizionale e cresce invece quello innovativo e digitalizzato.  Su questi punti deve assolutamente puntare l’Italia se vuole tornare a crescere. L’innovazione comporta il concepire e il realizzare un  nuovo prodotto applicando parecchi sforzi che meritano protezione. La proprietà industriale giunge in soccorso, per evitare che terzi si approprino ingiustamente del frutto di tanto lavoro. La protezione rappresenta, in chiave strategica , anche una finestra sul mondo delle alleanze, per la sua valorizzazione economica attraverso nuovi partner, nuovi mercati e nuovi modelli di business.

 

Brevetti , i trasporti trascinano l’Italia

E’ la capacità di innovare che distingue un leader da un epigono !

Dopo un lungo periodo di crisi, l’Italia nel 2016 è risultata seconda, dietro al Belgio, per incremento di richieste di brevetto con la Lombardia come prima regione di provenienza delle richieste. Tutto ciò è molto significativo anche se in una visione globale, di strada da fare ne manca ancora molta. Infatti a livello mondiale  l’Italia occupa la decima posizione tra i paesi richiedenti la protezione delle idee innovative, superata dalla Germania, dagli Stati Uniti, dalla Francia e dalla Svizzera. Il paese comunque sembra essersi messo in marcia. A traino degli investimenti di innovazione c’è il settore dei trasporti del made in Italy, che viaggia a ritmi sostenuti di richieste di brevetti, grazie al dinamismo dei centri di ricerca di aziende multinazionali quali Pirelli , Fca e Ansaldo Energia. Da un’analisi effettuata dalla Cornell University, Insead e Organizzazione mondiale sulla proprietà intellettuale emergono chiaramente quali sono le debolezze della Penisola che per lungo tempo hanno frenato la corsa della Ricerca & Sviluppo. Ci posizioniamo 80esimi per ammontare di investimenti in istruzione e formazione; siamo il fanalino di coda a livello mondiale. In questo modo, ignorando lo sviluppo del capitale umano, resta più complesso rimanere nella top 10 dei paesi più industrializzati al mondo. Ancora poco personale è impegnato nella attività di Ricerca & Sviluppo e secondo un’indagine Istat tra 2.500 imprese che investono in ricerca e sviluppo, solo 29 sono italiane , mentre 132 tedesche e 83 francesi. E’ palese che per risalire la china è necessario che il paese dovrà ingranare la marcia degli investimenti e rivedere nel contempo la filiera dell’innovazione. Negli ultimi anni la spesa in ricerca e sviluppo è aumentata, ma resta al di sotto della media europea, quindi si dovranno fare ulteriori sforzi in questo ambito e anche nell’ambito della proprietà industriale, per  dare valore ai beni immateriali all’interno delle aziende rendendole così più competitive  sul mercato mondiale.

LOMBARDIA , LEGGE CONTRO LA FUGA DI CERVELLI

“E’ più facile andarsene che lottare per quello che veramente vuoi !”

A livello nazionale il governo ha messo a punto sgravi fiscali, a partire dall’anno 2010, per far rientrare in Italia i nostri migliori ricercatori. La Regione Lombardia ha dato vita alla sua ambiziosa “versione” per non farli proprio uscire dal territorio italiano. E’ stata infatti approvata il 15/11/2016 una nuova norma, il cui obiettivo è quello di mettere in contatto il mondo dell’università con quello delle aziende, tramite un apposito ufficio. Si tratta di un progetto sperimentale, primo in Italia, per il quale al momento sono stati stanziati 3,5 milioni; se i risultati saranno positivi l’idea è di rifinanziarla in modo permanente. Ecco come funziona. Se un’azienda avrà bisogno di una figura altamente specializzata per affrontare un progetto oppure una ricerca avanzata, può chiedere a questo ufficio, che sarà in stretto collegamento con le università lombarde, al fine di fornire il capitale umano richiesto. Una volta individuate le figure più adatte, il Pirellone cofinanzierà il progetto, pagando in parte la persona che andrà a lavorare all’interno dell’impresa. Il meccanismo può funzionare a doppio senso ossia: se un’impresa necessita che un proprio addetto venga formato, potrà rivolgersi alle università lombarde trovando la specializzazione più idonea, tra le tante offerte. Quindi per ricostruire e aprire nuove strade è fondamentale investire sul capitale umano. In questo momento i dettagli del progetto devono ancora essere finalizzati, vedi la struttura dell’ipotetico ufficio e vedi il contratto da applicare ai nuovi professionisti. Il Pirellone desidera però ricordare dati importanti del territorio lombardo: 7 miliardi all’anno di investimenti pubblici e privati nella ricerca e nell’innovazione, che hanno fatto nascere in un anno 1.369 star up, pari ad un quinto del totale nazionale, con 191.000 brevetti nell’ultimo decennio.

…..la ricerca, l’innovazione e la tutela dovrebbero andare a pari passo.

SIAMO ALL’INIZIO DELLA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA DELLA STORIA DELLA MEDICINA , LA SANITA’ NEL 2030

“Senza la ricerca scientifica e senza la tecnologia d’avanguardia, non c’è un progresso!”

La neurologa Melanie Walker, docente dell’Università di Washington  ha annunciato che siamo solo all’inizio della più grande rivoluzione tecnologica della storia della medicina . In un recente report che ha scritto per il World  Economic  Forum, la Walker  immagina il futuro della medicina lanciando una provocazione: “ Chi avrà bisogno di ospedali quando si potranno prevenire o curare le malattie direttamente da casa?”. Predire il futuro della sanità nell’era della rivoluzione tecnologica non è certamente facile. La neurologa spiega che nel 2030 la prevenzione dominerà il mondo della medicina. Innanzitutto la percentuale di traumi diminuirà grazie all’aumento della sicurezza ad ogni livello , con il numero di incidenti in crollo verticale grazie ad auto che si guideranno  sole e fabbriche popolate dai robot. Sarà sicuramente più difficile debellare le patologie che hanno origine cardiovascolare, visto che gli infarti sono la prima causa di decesso nelle società avanzate; qui però la prevenzione giocherà un ruolo molto importante . Ci saranno dispositivi di monitoraggio indossabili (i cosiddetti “wearable”), installati su speciali magliette  che comunicheranno i dati del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa , in tempo reale ai medici. Si parla anche di sensori neurali impiantati nel cervello capaci di fare una  diagnosi a distanza di disturbi potenziali , in maniera rapida e sicura. Per le piccole patologie si potrà dialogare da lontano con il proprio medico , che prescriverà i farmaci destinati ad essere inviati direttamente a casa. Per problemi più seri sarà necessario rivolgersi a strutture  specializzate , che avranno sostituito i grandi ospedali. La neurologa sostiene che una rapida scansione del paziente, grazie ad una tecnologia avanzata , combinando radiologia , risonanza magnetica e spettrografia , senza biopsie , fornirà ai medici tutti i dettagli delle funzioni metaboliche del soggetto. Sicuramente non ci saranno più tempi di attesa per la donazione di organi , perché questi verranno prodotti da stampanti biologiche 3D di ultima generazione, “on demand” e saranno ovviamente tagliati  su misura del singolo paziente. Per ultimo le patologie più importanti, come ad esempio i tumori , verranno operate direttamente dall’interno del corpo, senza bisturi, grazie a micro robot endovascolari teleguidati dai medici. Quindi la stampante 3D, che è solo l’ultima delle novità, i sensori neurali impiantati nel cervello, i dispositivi di monitoraggio, insieme danno l’idea di quanto la fantascienza sta diventando scienza e di quanto l’innovazione tecnologica sia importante. L’innovazione, come progresso tecnologico, richiede però di essere supportata dagli strumenti messi a disposizione dalla proprietà industriale, nel caso specifico dai  brevetti per invenzione . Con gli stessi si crea il monopolio brevettuale, garantendo all’azienda produttrice un ritorno dei propri investimenti, allungando il ciclo di vita del prodotto. L’invenzione quindi  può essere di stimolo ai  concorrenti, diventando uno dei principali strumenti di divulgazione per il progresso della tecnologia stessa.

Salvaguardiamo la salute attraverso il valore aggiunto della ricerca

“La salute è il primo dovere della vita”

La crescita dell’aspettativa di vita media e della percentuale degli over 65, che si riscontra nei paesi occidentali, è uno dei fattori principali che determinano lo scenario  socio-economico mondiale dei prossimi decenni. Per salvaguardare la salute diventa fondamentale  la ricerca e l’innovazione, che molte realtà aziendali attuano  dando particolare attenzione  alla qualità dei loro prodotti, in maniera tale che siano innovativi , unici e che rispecchino esattamente le esigenze dei pazienti. Un esempio di quanto sopra è una società italiana con sede a Roma, Lo.Li.Pharma, che nel corso degli anni ha conquistato una posizione leader nel settore ostetrico, ginecologico riuscendo ad offrire un ventaglio di prodotti mirati ad affrontare e risolvere problematiche legate alla fertilità femminile e maschile , per poi spaziare in altri settori quali la neurologia, l’endocrinologia etc.  Per raggiungere  posizioni elevate, la società ha una caratteristica che la identifica , ossia la passione per la ricerca , per lo studio,seguita da un dipartimento scientifico costituito da biologi molecolari, chimici farmaceutici, farmacologi, aventi un bagaglio professionale continuamente aggiornato.  Tutte queste competenze operano in sinergia e si impegnano nella sperimentazione di prodotti innovativi nei loro contenuti e/o nel processo di produzione, innanzitutto  per garantire i massimi livelli di qualità delle specialità immesse sul mercato, garantendo efficacia e sicurezza di tutte le formulazioni, grazie alla massima  conoscenza dei componenti. Operando con questa filosofia questa realtà italiana, come tante altre, fornisce un esempio molto stimolante e positivo di ciò che il “Made in Italy” può offrire. Le attività di ricerca e sviluppo stanno diventando sempre più sofisticate e costose, per questo motivo è estremamente importante sfruttare i diritti della Proprietà intellettuale per supportare la crescita delle aziende. I ricavi derivanti dall’utilizzo di un determinato brevetto, marchio o di un modello possono essere investiti all’interno dell’azienda stessa, generando così un “circolo virtuoso”che può  finanziare in parte, se non addirittura completamente, ulteriori innovazioni. Questo modello di business può essere applicato sia dalle aziende piccole che dalle grandi, sia dalle pubbliche come da quelle private. La Proprietà  Intellettuale  indica quindi  quell’insieme di strumenti giuridici e amministrativi rivolti a tutelare e valorizzare i frutti della creatività e dell’ingegno umano.

MARCHI E BREVETTI GENERANO IL 42% DELL’ECONOMIA UE

“In un mondo così sensibile al successo economico, la creatività vince la sua battaglia con l’economia, perché solo chi è capace di applicare continuamente innovazione nel proprio processo produttivo, può avere successo!”

La qualità paga sempre. L’Europa a volte pare smarrita  ma una certezza si ha quando le sue industrie fanno largo uso di marchi e brevetti, perché  crescono il Pil, l’occupazione e l’ export. L’ultima fotografia è stata scattata dopo uno studio fatto dall’ente europeo dei brevetti (Epo) e dalll’Ufficio della Proprietà intellettuale della UE (Euipo). Dallo stesso  è emerso che nella UE , le aziende che fanno uso intenso di titoli di proprietà intellettuale sono cresciute, aumentando così la ricchezza e l’occupazione. Secondo tale studio, nella UE, più del 42% dell’attività economica totale è generata da industrie che applicano un’alta densità della proprietà intellettuale  (nel 2013 era il 38,6%). Nello specifico le industrie che depositano un numero elevato di marchi rappresentano il 36%, il 15% quelle focalizzate sui brevetti ,quelle che sfruttano in prevalenza i disegni ed i  modelli sono il 13% ed il 7% quelle che puntano sui diritti d’autore. Sul fronte dell’occupazione il 28% di tutti i posti di lavoro nella UE sono stati creati direttamente da industrie altamente innovative (nel 2013 erano il 25,9%); esiste anche un 10% di posti indiretti (fornitori di beni e servizi), per raggiungere un totale del 38% che dipende esclusivamente da chi spinge l’acceleratore dell’innovazione. Questo sistema avvantaggia anche le buste paga, ossia in queste tipologie di imprese, a prescindere dalle dimensioni, i salari medi sono più elevati rispetto a quelli di altri settori. Il Presidente di Epo ha affermato che le attività immateriali  si stanno rivelando sempre più importanti  per le aziende innovative, soprattutto per le Pmi, ma anche per i centri di ricerca e per le Università. L’Europa, per rimanere competitiva nell’economia globale, deve  quindi incoraggiare ulteriormente lo sviluppo e l’utilizzo di nuove   tecnologie con  il ricorso all’innovazione.