Colors Shelf Life Indicator, il nostro marchio è stato registrato

Il marchio è il volto della tua azienda, del tuo progetto e come tale merita di essere curato e valorizzato. Questo ci ha fatto capire Naskigo, società che dal 2005 si occupa di consulenza in proprietà intellettuale affiancando le aziende che vogliono intraprendere questo importante processo di registrazione del proprio brand.

La registrazione di un marchio è un tema che deve interessare non solo i grandi brand, ma tutte quelle società che vogliono costruire il proprio posizionamento sul mercato rendendosi distintive, creando un rapporto di professionalità e fiducia con i propri clienti.

Per Now Progetto Farmacia, che studia e realizza progetti di Visual Merchandising per la farmacia, Colors Shelf Life Indicator è uno strumento di analisi fondamentale per verificare le performance espositive dell’area vendita e per dare continuità ai risultati di sell out e di redditività. Per questo abbiamo deciso di affidarci a Naskigo, società di consulenza in proprietà intellettuale, che ci ha supportato in una prima fase consulenziale, individuando la tutela più adeguata per valorizzare il nostro progetto attraverso il deposito del brand Colors Shelf Life Indicator.

Le stesse farmacie che hanno il laboratorio galenico e che vogliono rafforzare la loro distintività sul mercato utilizzando il loro brand sulle confezioni/etichette relative alle preparazioni galeniche per i propri clienti, lo possono fare valorizzando la loro professionalità attraverso il deposito del loro marchio.

“ …Possiamo affermare che Now e Naskigo in comune hanno la strategia, la distintività e la consapevolezza che se investi ti distingui perché se attrai trattieni!”

Ringraziamo la Dott.ssa Bottigelli per il supporto che ci ha dato, Daniela è stata un ottimo partner che ha reso unico sul mercato il nostro brand Colors Shelf Life Indicator.

“Louboutin verso Amazon”(la corte di Giustizia chiarisce la responsabilità del provider in caso di contraffazione)

La Corte di Giustizia UE ha chiarito la nozione di “uso” del marchio sul mercato online, definendo i confini della responsabilità del provider del marketplace per l’uso illecito di marchi altrui. La Corte si è espressa a seguito del rinvio presentato dai Tribunali di Lussemburgo e Bruxelles, dove erano pendenti due procedimenti per contraffazione avviati da Louboutin contro Amazon. Tutto è nato dal fatto che lo stilista francese titolare del marchio costituito dalla suola rossa applicata nelle scarpe con il tacco, aveva notato che sui vari siti web gestiti da Amazon si sponsorizzavano annunci di vendita di scarpe con il tacco e la suola rossa, andando così a violare i diritti del suo marchio ed entrando  in contraffazione. A seguito di ciò, i due giudici nazionali hanno chiesto l’intervento della Corte di Giustizia per definire la questione. In primo luogo la Corte ha ricordato l’esistenza di un articolo che conferisce al titolare del marchio il diritto di vietare a chiunque l’uso, nell’attività commerciale, di un segno identico a tale marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali è registrato. Inoltre la Corte ha ribadito che per quanto riguarda il gestore di un marketplace, l’uso di segni identici o simili ai marchi altrui nelle offerte di vendita pubblicate sulla piattaforma è imputabile ai singoli venditori e non al gestore della piattaforma; ciò però a condizione che quest’ultimo non utilizzi il segno nella sua comunicazione commerciale e non sia a conoscenza della contraffazione dei prodotti pubblicizzati. Nel caso specifico Amazon presenta i vari prodotti senza differenziare chiaramente i propri da quelli di terzi. Con questa modalità, secondo la Corte, l’impressione forte è che i prodotti promossi vengono commercializzati direttamente dal gestore del marketplace. La Corte di Giustizia ha affermato che toccherà ai giudici del rinvio valutare se Amazon abbia fatto un uso illecito del marchio di Louboutin nella sua comunicazione commerciale. Resta il fatto che la Corte ha comunque fornito ai giudici un criterio chiaro per affermare quando si può ritenere se il gestore di un sito di vendita online utilizza esso stesso un marchio contraffatto.

“Panno del Casentino, marchio registrato!”

Nel cuore della Toscana, precisamente nella regione del Casentino in provincia di Arezzo, da più di 800 anni viene prodotto un panno di lana che si chiama Panno Casentino. Trattasi di un tessuto che rappresenta un territorio ed una cultura che risalgono al Medioevo. I suoi colori storici sono l’arancio ed il verde e la sua caratteristica è il tipico “ricciolo”. Inizialmente fu utilizzato per la realizzazione di capi di abbigliamento, tuniche, mantelle, indossate dagli aristocratici o da personaggi storici abbienti. Poi con il passare del tempo è stato utilizzato per confezionare cappotti che venivano arricchiti con colli di pelliccia,  sempre indossati però da  personaggi aristocratici. Arriviamo ai giorni nostri, in un mondo difficile, le belle notizie hanno una potenza impagabile. La svolta si ha quando un’azienda tessile  formalizza l’offerta per l’acquisto dello stabilimento che produceva il Panno Casentino, a seguito di una crisi aziendale.  Nel Novembre 2022 la Provincia di Arezzo registra il marchio del Panno Casentino, mirando al riconoscimento Ue “Marchio collettivo geografico IG”. Lo scopo è stato quello di sostenere e promuovere i prodotti tipici del territorio, un traguardo che vuole tutelare il Made in Italy ed una delle eccellenze mondiali, come sinonimo di qualità e prestigio. Trattasi di un percorso che grazie all’impegno delle istituzioni a ogni livello ha dato i suoi frutti. La proprietà intellettuale, come sempre, ha una funzione rilevante nella crescita aziendale e nella crescita dell’economia dei territori; nel caso specifico contribuisce al radicamento di una vera eccellenza della tradizione tessile provinciale.

“Il Metaverso e il Marchio”

Per “metaverso” si intende un universo parallelo costituito da piattaforme online nelle quali l’utente, raffigurato da un avatar,  può frequentare spazi e fare esperienze più o meno realistiche e personalizzate. Tutto ciò si può realizzare grazie all’applicazione della realtà aumentata e della realtà virtuale. In questo mondo l’avatar può interagire con gli avatar di altri utenti. In pratica il metaverso è il passo successivo alla creazione e diffusione delle piattaforme social. Sull’idea di metaverso ci sta lavorando Meta che è la ex Facebook Company capitanata da M. Zuckerberg, il cui obiettivo è quello di far crescere le aziende. Se si vuole abbinare un aggettivo al metaverso si abbina sicuramente “immersive”. Gli avatar si muoveranno in ambienti realistici e personalizzabili. Un aspetto da non sottovalutare è l’insorgere di casi di contenzioso che riguardano la produzione e vendita di NFT (gettoni crittografici che permettono di certificare la rarità digitale di un bene) che vanno a riprodurre prodotti di note case di moda. Questo ha messo in allarme le aziende nell’applicare strategie di protezione e valorizzazione dei marchi, del design etc. Sono quindi aumentate le richieste di registrazione di marchi nuovi oppure di estensione di marchi già utilizzati sia per prodotti che per servizi virtuali. Questo fenomeno però non riguarda soltanto il mondo della moda ma anche altri settori tra i più disparati. Quindi è evidente e consigliabile alle imprese di valutare con il proprio consulente di proprietà intellettuale se e quali modifiche considerare al portafoglio di beni immateriali, proprio alla luce delle potenzialità del metaverso.

“Il marchio tridimensionale”

Nell’anno 2017 Volkswagen ha richiesto all’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale) la registrazione del marchio tridimensionale che raffigura il furgoncino chiamato Bulli in Germania oppure Westfalia in Italia. Trattasi sicuramente di uno dei furgoncini più apprezzati da sempre , quale simbolo di libertà. Nel 2020 l’EUIPO ha respinto tale domanda ritenendo che la forma del Bulli non avesse un carattere distintivo. A quel punto Volkswagen ha presentato un nuovo ricorso che è stato poi accolto, con l’annullamento della decisione impugnata. Nel caso specifico EUIPO  ha rilevato che la forma a V della parte frontale del furgoncino, che ricorda certamente la testa di un insetto, risulta in una posizione dove tutti si aspetterebbero di trovare una griglia del radiatore; questo particolare lo rende sicuramente distintivo, anche senza l’aggiunta del logo VW. Altre caratteristiche  lo rendono unico, come la sua forma tondeggiante, la divisione in due del parabrezza con dei fari rotondi che non sono usuali nel mercato automobilistico. La forma del Bulli non è mai stata una forma comune tra i furgoni presenti sul mercato, non solo al momento del deposito ma anche negli anni ’50 quando l’articolo fu immesso sul mercato per la prima volta. Ricordiamo che i vantaggi più importanti dell’utilizzo di un marchio tridimensionale sono l’impedire alla concorrenza di avvalersi di forme che forniscano un vantaggio all’interno del mercato, rendere più facile per i consumatori il riconoscere e identificare il prodotto e favorire lo spirito di competitività. Un marchio tridimensionale è un asset commerciale molto importante per qualsiasi azienda.

“Il vino e la proprietà intellettuale”

Il vino rappresenta i colori di un territorio, gli abitanti, le tradizioni e tutto ciò che avvolge il territorio stesso. E’ importante guidare il consumatore alla scelta di consumo e per fidelizzarlo è necessario  lavorare sul marchio, sul design, sul senso estetico, ma soprattutto sulle informazioni del prodotto. L’estetica di un prodotto industriale è uno strumento concorrenziale molto importante perché lo rende unico. Quindi oltre al processo produttivo è importante la tutela dell’aspetto estetico. Ciò accade anche nel mondo del vino dove il legame con la proprietà intellettuale si è consolidato nel tempo. Perché? Perché le cantine oltre a produrre del vino di qualità hanno iniziato a coinvolgere nella loro attività anche brand designer per dare una attenzione  particolare al nome, alle etichette etc. E’ evidente che diventa strategico l’applicare la proprietà intellettuale per salvaguardare l’investimento che l’azienda applica a livello produttivo e di creatività. Le tutele che si possono applicare sono differenti a seconda dell’argomento. Il disegno o modello mira a tutelare unicamente l’aspetto estetico del prodotto al di là dei suoi caratteri tecnici. Per poter essere registrato il disegno o modello deve avere tre requisiti : la novità, il carattere individuale e la liceità.  Altra tutela è il marchio e come marchio si può registrare il nome del vino ma anche la bottiglia oppure il suo imballaggio, se possiedono i requisiti del marchio di forma. Il marchio deve possedere una capacità distintiva e cioè deve comunicare al consumatore l’origine commerciale del prodotto stesso. E’ evidente che l’uso di segni distintivi, di etichette e di packaging sono strumenti importantissimi per la valorizzazione del prodotto, purché a latere ci sia  un’accurata applicazione della proprietà intellettuale.

“Zara contro Zara”

Il caso del pastificio che vince in Tribunale contro il colosso mondiale di abbigliamento. Parliamo di una piccola società di Treviso specializzata nel settore ristorazione, Pasta Zara, è riuscita a difendere il proprio marchio contro il brand di abbigliamento Zara che appartiene ad un grosso gruppo iberico. Si è trattato di una lunga battaglia legale per andare a bloccare l’idea espansionistica del gruppo spagnolo nel settore del food. L’azienda di Treviso aveva registrato il proprio marchio Pasta Zara nell’anno 1969 in Italia per prodotti alimentari e successivamente l’aveva esteso anche in diversi paesi dell’Unione Europea. Trattasi di un marchio che ha una storia importante e risale agli anni’30. Il nonno dei 4 fratelli che ai giorni nostri gestiscono la società aveva deciso di trasferire lo stabilimento a Zara, in Croazia, per spaziare e incrementare il proprio giro d’affari nella produzione di pasta. Successivamente ci fù una  guerra  nella ex Jugoslavia, guerra che generò la chiusura dello stabilimento in Croazia con il ritorno in Italia. Da questo accadimento negativo, i vertici della società in essere negli anni ’60 decisero poi di ricordare il nonno e quello che aveva fatto, quindi associarono alla pasta il nome Zara che in automatico ricordasse quella fabbrica nata nel passato. Il Tribunale dell’Unione Europea ha comunicato che concedere il marchio Zara per sevizi di ristorazione al colosso di abbigliamento avrebbe leso il diritto in esclusiva, invece spettante alla Pasta Zara. E’ evidente quanto un marchio registrato attribuisce diritti esclusivi che consentono di impedire l’utilizzo dello stesso da parte di imprese che hanno il medesimo marchio oppure un marchio simile.

“Nuove valutazioni sull’invalidazione del marchio e malafede”

La malafede esiste quando  il titolare di un marchio deposita una domanda di registrazione senza avere l’intenzione di utilizzare il marchio stesso, ma solo con il fine di ledere gli interessi di terzi oppure di ottenere il riconoscimento di un diritto esclusivo per scopi che non rientrano nelle funzioni tipiche di un marchio, come l’indicazione dell’origine dei prodotti. Secondo le norme sul marchio dell’Unione Europea, ogni impresa deve essere in grado, per poter attirare la clientela, di far registrare come marchi segni che consentono al consumatore di distinguere senza confusione  i prodotti in questione da quelli che hanno una provenienza diversa. Di conseguenza si ha l’annullamento assoluto del marchio per registrazione in malafede quando ciò emerge da indizi che attestano che il titolare di un marchio presenta la registrazione non con l’obiettivo di partecipare al gioco della concorrenza in maniera leale, ma con la sola intenzione di ottenere un diritto esclusivo per scopi diversi  da quelli che rientrano  nelle funzioni principali di un marchio, in particolare nella funzione essenziale di indicare l’origine.

E’ giustificato tutelare  i marchi soltanto nella misura in cui siano utilizzati effettivamente, perché altrimenti il marchio non utilizzato è da intralcio alla libera circolazione delle merci e alla libera prestazione dei servizi.

“Fratelli nella vita, nemici negli affari – Puma e Adidas”

La storia racconta che questi due marchi , molto conosciuti sul mercato,  nascono da due fratelli che furono i primi a ideare delle scarpe in cuoio, adatte agli sportivi.  Adolf Dassler fu lui a creare le prime scarpe di quella che poi diventò l’azienda di famiglia. Lui si fece affiancare  dal fratello Rudolf ; quest’ultimo era il venditore, mentre l’altro il creativo. L’idea ebbe  subito un grande successo e l’azienda diventò  un marchio riconoscibile . Sembra che le prime controversie sorsero con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, anche se il loro rapporto non era mai stato roseo. Ad un certo punto  Adolf  denuncia  agli alleati il fratello chiamato alle armi .  Successivamente i due fratelli trovano un accordo e ritornano a lavorare in fabbrica insieme, ma le tensioni sorte nel passato non permettono loro di continuare il percorso insieme. Si dividono beni e guadagni ed anche i dipendenti si schierano in due fazioni separate.  Circa un anno dopo Adolf da vita al marchio Adidas, distinguendolo con le tre strisce, mentre Rudolf chiama la sua nuova azienda inizialmente Ruda per poi tramutare il nome in Puma. Ad oggi le famiglie non hanno più il controllo dei due marchi che invece appartengono a proprietari diversi ; Adidas è nelle mani di un colosso francese mentre Puma di svariati azionisti. Al di là delle storie personali è fondamentale evidenziare che l’essenza di un marchio è la sua particolarità, la sua unicità che lo rendono distintivo e diverso rispetto ai marchi concorrenti.

“Il marchio con il gallo può essere usato solo per il Chianti Classico”

Il simbolo del gallo può essere utilizzato esclusivamente per identificare il Chianti Classico e non altri vini. Questo è quanto stabilito  dal tribunale europeo che conferma la decisione presa da dall’ufficio UE per la proprietà intellettuale (Euipo) di respingere una richiesta di registrazione di un marchio simile , presentata da un’azienda romana. Tale richiesta è stata respinta perché l’uso di tale  marchio sarebbe stato  avvantaggiato grazie all’immagine di eccellenza associata al marchio Chianti. Il Gallo nero già alla fine del 1300 rappresentava lo stemma della Lega del Chianti, alleanza politica  militare creata dalla Repubblica di Firenze nel 1384 con la missione di amministrare e difendere il territorio del Chianti. Non è la prima volta che accade una situazione simile ed in ogni occasione i tribunali europei hanno sempre riconosciuto e tutelato il Gallo nero. La decisione presa riconosce e tutela le eccellenze smascherando il tentativo pericoloso di appropriarsi dei marchi storici . Infatti, la pretesa di utilizzare gli stessi simboli per prodotti che sono diversi  è inaccettabile e soprattutto rappresenta un inganno per i consumatori e una concorrenza sleale nel confronto degli imprenditori.