La Corte di Giustizia UE ha chiarito la nozione di “uso” del marchio sul mercato online, definendo i confini della responsabilità del provider del marketplace per l’uso illecito di marchi altrui. La Corte si è espressa a seguito del rinvio presentato dai Tribunali di Lussemburgo e Bruxelles, dove erano pendenti due procedimenti per contraffazione avviati da Louboutin contro Amazon. Tutto è nato dal fatto che lo stilista francese titolare del marchio costituito dalla suola rossa applicata nelle scarpe con il tacco, aveva notato che sui vari siti web gestiti da Amazon si sponsorizzavano annunci di vendita di scarpe con il tacco e la suola rossa, andando così a violare i diritti del suo marchio ed entrando in contraffazione. A seguito di ciò, i due giudici nazionali hanno chiesto l’intervento della Corte di Giustizia per definire la questione. In primo luogo la Corte ha ricordato l’esistenza di un articolo che conferisce al titolare del marchio il diritto di vietare a chiunque l’uso, nell’attività commerciale, di un segno identico a tale marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali è registrato. Inoltre la Corte ha ribadito che per quanto riguarda il gestore di un marketplace, l’uso di segni identici o simili ai marchi altrui nelle offerte di vendita pubblicate sulla piattaforma è imputabile ai singoli venditori e non al gestore della piattaforma; ciò però a condizione che quest’ultimo non utilizzi il segno nella sua comunicazione commerciale e non sia a conoscenza della contraffazione dei prodotti pubblicizzati. Nel caso specifico Amazon presenta i vari prodotti senza differenziare chiaramente i propri da quelli di terzi. Con questa modalità, secondo la Corte, l’impressione forte è che i prodotti promossi vengono commercializzati direttamente dal gestore del marketplace. La Corte di Giustizia ha affermato che toccherà ai giudici del rinvio valutare se Amazon abbia fatto un uso illecito del marchio di Louboutin nella sua comunicazione commerciale. Resta il fatto che la Corte ha comunque fornito ai giudici un criterio chiaro per affermare quando si può ritenere se il gestore di un sito di vendita online utilizza esso stesso un marchio contraffatto.
“Bottiglia di Vodka, marchio tridimensionale”
Esistono varie tipologie di marchio, secondo la normativa dettata dall’art.4 del regolamento (UE) 2017/1001, tra le quali il cosiddetto marchio di forma o tridimensionale. La Corte dell’Unione Europea conferma che può essere più difficile accertare la capacità distintiva di un marchio di forma o tridimensionale, in quanto tali marchi non vengono percepiti dal pubblico nella stessa maniera di un marchio denominativo o figurativo. In riferimento a quanto sopra esposto, l’ufficio dell’EUIPO e diversi uffici di marchi nell’Unione Europea hanno concordato una prassi comune, riguardante i marchi tridimensionali, che attribuisce l’influenza di particolari elementi e fattori sulla questione distintività del segno nel suo complesso, quando la forma non è distintiva di per sé. A inizio giugno 2022 la Quinta Commissione di Ricorso EUIPO ha così concesso la registrazione del marchio della società Absolut Company Aktiebolag, accertando il carattere distintivo del marchio tridimensionale di una bottiglia di Vodka. Inizialmente l’esaminatore EUIPO aveva sottolineato una carenza di carattere distintivo affermando che si trattava di una semplice riproduzione tridimensionale di una bottiglia, tra l’altro molto simile a quelle reperibili solitamente sul mercato specifico della vodka. Quindi, da un primo esame, tale forma non è stata considerata in grado di attirare l’attenzione del consumatore medio affinché richiamasse l’origine del prodotto commercializzato. La società richiedente ha successivamente proposto appello verso tale decisione sostenendo l’esistenza di un grado di distintività sufficiente per la registrazione del marchio di forma, grazie alla presenza di elementi tali che la contraddistinguono sul mercato rispetto alle altre bottiglie in commercio. La Commissione di Ricorso, alla luce di una valutazione globale ha poi stabilito la presenza di una forte distintività del marchio caratterizzata dall’elemento stilistico dato dalle sfumature di rame e di oro che ricoprono gran parte della bottiglia come la cornice dell’etichetta frontale, il collo, la chiusura, la parte posteriore della bottiglia. Conclusione: l’EIUPO ha ricordato che un marchio acquisisce il carattere distintivo se si discosta in modo importante dalla norma o dagli usi del settore interessato ed è quindi in grado di attirare l’attenzione del consumatore che percepisce gli elementi distintivi come un’indicazione di origine e non di decorazione.
“Panno del Casentino, marchio registrato!”
Nel cuore della Toscana, precisamente nella regione del Casentino in provincia di Arezzo, da più di 800 anni viene prodotto un panno di lana che si chiama Panno Casentino. Trattasi di un tessuto che rappresenta un territorio ed una cultura che risalgono al Medioevo. I suoi colori storici sono l’arancio ed il verde e la sua caratteristica è il tipico “ricciolo”. Inizialmente fu utilizzato per la realizzazione di capi di abbigliamento, tuniche, mantelle, indossate dagli aristocratici o da personaggi storici abbienti. Poi con il passare del tempo è stato utilizzato per confezionare cappotti che venivano arricchiti con colli di pelliccia, sempre indossati però da personaggi aristocratici. Arriviamo ai giorni nostri, in un mondo difficile, le belle notizie hanno una potenza impagabile. La svolta si ha quando un’azienda tessile formalizza l’offerta per l’acquisto dello stabilimento che produceva il Panno Casentino, a seguito di una crisi aziendale. Nel Novembre 2022 la Provincia di Arezzo registra il marchio del Panno Casentino, mirando al riconoscimento Ue “Marchio collettivo geografico IG”. Lo scopo è stato quello di sostenere e promuovere i prodotti tipici del territorio, un traguardo che vuole tutelare il Made in Italy ed una delle eccellenze mondiali, come sinonimo di qualità e prestigio. Trattasi di un percorso che grazie all’impegno delle istituzioni a ogni livello ha dato i suoi frutti. La proprietà intellettuale, come sempre, ha una funzione rilevante nella crescita aziendale e nella crescita dell’economia dei territori; nel caso specifico contribuisce al radicamento di una vera eccellenza della tradizione tessile provinciale.
“Il caso Gianni Rivera, diritto all’immagine e diritto di cronaca”
Il confronto tra il diritto all’immagine e il diritto di cronaca è fondamentale nella vicenda giudiziaria che ha visto coinvolte le figure dell’ex-calciatore Gianni Rivera e la RCS a causa dell’utilizzo da parte di quest’ultima dell’immagine di Rivera in opere audiovisive diffuse al pubblico. Si tratta di DVD distribuiti commercialmente da RCS al fine di documentare eventi sportivi della storia del calcio, con fotografie che però ritraevano il calciatore al di fuori dell’attività di gioco e comunque senza che indossasse la maglia della sua squadra oppure della Nazionale. RCS soccombente in primo e in secondo grado , ricorreva per Cassazione che ha censurato la decisione della Corte d’Appello di Milano. Infatti gli scatti in cui il giocatore si intrattiene con i compagni di squadra, dove tiene interviste, dove esulta con la coppa riguardano tutte attività collegate e connesse all’attività principale per la quale il personaggio è noto e come tali contribuiscono a creare l’immagine del personaggio stesso. La soluzione accolta trova una conferma ulteriore nell’essere queste opere audiovisive destinate ad un fine evidente didattico e culturale che va a commemorare degli eventi sportivi della storia del calcio. La Corte di Cassazione ha stabilito il seguente principio di diritto: “Non occorre il consenso della persona ritratta in fotografia, quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, non solo quando il personaggio noto svolge l’attività che l’ha reso noto, ma anche quando la fotografia lo ritrae nello svolgimento di attività accessorie o connesse, fermo restando, il rispetto della sfera privata in cui il personaggio noto ha esercitato il proprio diritto alla riservatezza, dall’altro, il divieto di sfruttamento commerciale dell’immagine altrui, da parte di terzi, al fine di pubblicizzare o propagandare, anche indirettamente l’acquisto di beni e servizi”.
“Le opere d’arte di un Museo”
Opera: “La Nascita di Venere” Sandro Botticelli
Per un museo tutelare un bene significa salvaguardare la sua integrità al fine di preservare la memoria della comunità e del suo territorio. Tutto ciò favorisce la trasmissione ed il godimento del bene e rappresenta uno stimolo forte per riflettere sulla nostra cultura e per migliorare anche la qualità dell’ambiente in cui viviamo. Se pensiamo alle Gallerie degli Uffizi di Firenze custodiscono una collezione immane e straordinaria di opere d’arte. Tra le tante sicuramente emerge la Venere di Botticelli, che è stata un dipinto tra i protagonisti della collection “Le Musée” presentata dallo stilista Jean Paul Gautier che ha riprodotto l’opera su capi di abbigliamento e su accessori. Inevitabilmente tale azione ha suscitato un malcontento da parte delle Gallerie degli Uffizi, che innanzitutto hanno diffidato la maison e successivamente hanno intrapreso un’azione legale nei confronti della maison che ha utilizzato, senza autorizzazione, uno dei beni custoditi dal museo. La riproduzione con una finalità di lucro, quando l’opera rientra tra i beni culturali ed è custodita dal ministero, dalla regione, deve essere autorizzata dall’autorità che ha il bene in consegna, anche se i diritti patrimoniali di un’opera realizzata da più di mezzo secolo sono estranei alla tutela del diritto d’autore che invece riconosce la durata di tali diritti fino a 70 anni dopo la morte dell’autore. L’autorità che ha in consegna il bene deve anche stabilire il canone di concessione tenendo conto di alcuni fattori indicati dalla legge (vedi art. 108 Codice dei Beni Culturali).
“Metaverso, ecco i controlli da fare prima!”
Sempre più aziende sbarcano nel Metaverso ma è fondamentale prima di farlo, estendere le tutele dei propri beni anche in questo ambito. E’ una regola importantissima da applicare per evitare di ritrovarsi a gestire delle problematiche dopo. L’obiettivo principale è quello di proteggere di fin da subito i prodotti, i servizi, i beni che l’azienda intende replicare nel mondo virtuale del Metaverso. Lo scopo è quello di evitare dei tentativi di contraffazione che iniziano ad esserci anche in questo ambito specifico. Per i brand si tratta di aggiungere, in fase di registrazione, anche la versione digitale del marchio e l’utilizzo di oggetti rappresentati digitalmente. Parallelamente occorre registrare anche i propri nomi a dominio nel metaverso per evitare la corsa alla registrazione di nomi o brand “acchiappa-click”, simili oppure identici. In pratica è sufficiente registrare il proprio nome a dominio abbinato al termine “Metaverso”. Per evitare la contraffazione è necessario analizzare in anticipo il proprio portafoglio di titoli di proprietà intellettuale, valutando l’opportunità di estendere in via preventiva la protezione dei propri diritti di proprietà intellettuale alla versione digitale dei corrispettivi prodotti e servizi nel mondo. In aggiunta è opportuno estendere il servizio di sorveglianza di marchi di terzi alle classi merceologiche relative a prodotti e servizi virtuali.
“Il Metaverso e il Marchio”
Per “metaverso” si intende un universo parallelo costituito da piattaforme online nelle quali l’utente, raffigurato da un avatar, può frequentare spazi e fare esperienze più o meno realistiche e personalizzate. Tutto ciò si può realizzare grazie all’applicazione della realtà aumentata e della realtà virtuale. In questo mondo l’avatar può interagire con gli avatar di altri utenti. In pratica il metaverso è il passo successivo alla creazione e diffusione delle piattaforme social. Sull’idea di metaverso ci sta lavorando Meta che è la ex Facebook Company capitanata da M. Zuckerberg, il cui obiettivo è quello di far crescere le aziende. Se si vuole abbinare un aggettivo al metaverso si abbina sicuramente “immersive”. Gli avatar si muoveranno in ambienti realistici e personalizzabili. Un aspetto da non sottovalutare è l’insorgere di casi di contenzioso che riguardano la produzione e vendita di NFT (gettoni crittografici che permettono di certificare la rarità digitale di un bene) che vanno a riprodurre prodotti di note case di moda. Questo ha messo in allarme le aziende nell’applicare strategie di protezione e valorizzazione dei marchi, del design etc. Sono quindi aumentate le richieste di registrazione di marchi nuovi oppure di estensione di marchi già utilizzati sia per prodotti che per servizi virtuali. Questo fenomeno però non riguarda soltanto il mondo della moda ma anche altri settori tra i più disparati. Quindi è evidente e consigliabile alle imprese di valutare con il proprio consulente di proprietà intellettuale se e quali modifiche considerare al portafoglio di beni immateriali, proprio alla luce delle potenzialità del metaverso.
“Il marchio tridimensionale”
Nell’anno 2017 Volkswagen ha richiesto all’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale) la registrazione del marchio tridimensionale che raffigura il furgoncino chiamato Bulli in Germania oppure Westfalia in Italia. Trattasi sicuramente di uno dei furgoncini più apprezzati da sempre , quale simbolo di libertà. Nel 2020 l’EUIPO ha respinto tale domanda ritenendo che la forma del Bulli non avesse un carattere distintivo. A quel punto Volkswagen ha presentato un nuovo ricorso che è stato poi accolto, con l’annullamento della decisione impugnata. Nel caso specifico EUIPO ha rilevato che la forma a V della parte frontale del furgoncino, che ricorda certamente la testa di un insetto, risulta in una posizione dove tutti si aspetterebbero di trovare una griglia del radiatore; questo particolare lo rende sicuramente distintivo, anche senza l’aggiunta del logo VW. Altre caratteristiche lo rendono unico, come la sua forma tondeggiante, la divisione in due del parabrezza con dei fari rotondi che non sono usuali nel mercato automobilistico. La forma del Bulli non è mai stata una forma comune tra i furgoni presenti sul mercato, non solo al momento del deposito ma anche negli anni ’50 quando l’articolo fu immesso sul mercato per la prima volta. Ricordiamo che i vantaggi più importanti dell’utilizzo di un marchio tridimensionale sono l’impedire alla concorrenza di avvalersi di forme che forniscano un vantaggio all’interno del mercato, rendere più facile per i consumatori il riconoscere e identificare il prodotto e favorire lo spirito di competitività. Un marchio tridimensionale è un asset commerciale molto importante per qualsiasi azienda.
“Il vino e la proprietà intellettuale”
Il vino rappresenta i colori di un territorio, gli abitanti, le tradizioni e tutto ciò che avvolge il territorio stesso. E’ importante guidare il consumatore alla scelta di consumo e per fidelizzarlo è necessario lavorare sul marchio, sul design, sul senso estetico, ma soprattutto sulle informazioni del prodotto. L’estetica di un prodotto industriale è uno strumento concorrenziale molto importante perché lo rende unico. Quindi oltre al processo produttivo è importante la tutela dell’aspetto estetico. Ciò accade anche nel mondo del vino dove il legame con la proprietà intellettuale si è consolidato nel tempo. Perché? Perché le cantine oltre a produrre del vino di qualità hanno iniziato a coinvolgere nella loro attività anche brand designer per dare una attenzione particolare al nome, alle etichette etc. E’ evidente che diventa strategico l’applicare la proprietà intellettuale per salvaguardare l’investimento che l’azienda applica a livello produttivo e di creatività. Le tutele che si possono applicare sono differenti a seconda dell’argomento. Il disegno o modello mira a tutelare unicamente l’aspetto estetico del prodotto al di là dei suoi caratteri tecnici. Per poter essere registrato il disegno o modello deve avere tre requisiti : la novità, il carattere individuale e la liceità. Altra tutela è il marchio e come marchio si può registrare il nome del vino ma anche la bottiglia oppure il suo imballaggio, se possiedono i requisiti del marchio di forma. Il marchio deve possedere una capacità distintiva e cioè deve comunicare al consumatore l’origine commerciale del prodotto stesso. E’ evidente che l’uso di segni distintivi, di etichette e di packaging sono strumenti importantissimi per la valorizzazione del prodotto, purché a latere ci sia un’accurata applicazione della proprietà intellettuale.
“Zara contro Zara”
Il caso del pastificio che vince in Tribunale contro il colosso mondiale di abbigliamento. Parliamo di una piccola società di Treviso specializzata nel settore ristorazione, Pasta Zara, è riuscita a difendere il proprio marchio contro il brand di abbigliamento Zara che appartiene ad un grosso gruppo iberico. Si è trattato di una lunga battaglia legale per andare a bloccare l’idea espansionistica del gruppo spagnolo nel settore del food. L’azienda di Treviso aveva registrato il proprio marchio Pasta Zara nell’anno 1969 in Italia per prodotti alimentari e successivamente l’aveva esteso anche in diversi paesi dell’Unione Europea. Trattasi di un marchio che ha una storia importante e risale agli anni’30. Il nonno dei 4 fratelli che ai giorni nostri gestiscono la società aveva deciso di trasferire lo stabilimento a Zara, in Croazia, per spaziare e incrementare il proprio giro d’affari nella produzione di pasta. Successivamente ci fù una guerra nella ex Jugoslavia, guerra che generò la chiusura dello stabilimento in Croazia con il ritorno in Italia. Da questo accadimento negativo, i vertici della società in essere negli anni ’60 decisero poi di ricordare il nonno e quello che aveva fatto, quindi associarono alla pasta il nome Zara che in automatico ricordasse quella fabbrica nata nel passato. Il Tribunale dell’Unione Europea ha comunicato che concedere il marchio Zara per sevizi di ristorazione al colosso di abbigliamento avrebbe leso il diritto in esclusiva, invece spettante alla Pasta Zara. E’ evidente quanto un marchio registrato attribuisce diritti esclusivi che consentono di impedire l’utilizzo dello stesso da parte di imprese che hanno il medesimo marchio oppure un marchio simile.
