“Lamborghini auto vs Elettra Lamborghini”

La disputa legale tra la casa automobilistica Lamborghini e la cantante Elettra Lamborghini è arrivata fino in Cassazione. Il fatto era nato quando la showgirl ha richiesto di registrare il proprio nome come marchio. Inizialmente tale richiesta era stata negata dall’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi), ma la Commissione dei Ricorsi aveva ribaltato tale decisione, autorizzando invece l’utilizzo. Infatti secondo la Commissione la notorietà, acquisita dalla cantante, giustificava una deroga alla protezione del marchio dell’automobile Lamborghini. Successivamente tale posizione è stata modificata in quanto la Cassazione ha affermato che la notorietà raggiunta dalla cantante non è sufficiente per non considerare un diritto anteriore acquisito dalla nota casa automobilistica. Il nuovo marchio risulta essere confondibile e addirittura la notorietà della showgirl può essere stata favorita proprio nell’associare il suo cognome al brand storico di auto. In conclusione, Elettra Lamborghini non può procedere ad utilizzare il proprio nome quale marchio per le linee di borse, abbigliamento, cosmetici, creme etc.; il diritto al nome non è assoluto. Dove esiste un marchio anteriore, l’utilizzo successivo in ambito commerciale può essere legittimamente limitato perché costituisce uno sfruttamento parallelo illecito della reputazione e dell’attrattiva del marchio originario.

 

“Testarossa, la Ferrari resta la titolare del marchio”

Dall’anno 2007 la Ferrari SpA è titolare del marchio TESTAROSSA, nello specifico per automobili, accessori, pezzi di ricambio e modelli in miniatura di automobili (giocattoli).L’Euipo (Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale) ha stabilito, a seguito di due domande di dichiarazione di nullità del marchio TESTAROSSA, che la Ferrari era decaduta dai diritti su tale marchio, perché per un periodo continuativo di 5 anni (2010-2015)  tale marchio non era stato oggetto di un “uso effettivo” all’interno dell’Unione Europea, per i prodotti per i quali era stato registrato. Nel luglio 2025 il Tribunale dell’UE, incaricato dalla Ferrari, annulla le decisioni dell’EUIPO. Per quanto riguarda le automobili, il Tribunale ha ritenuto che la vendita di un’automobile usata da parte di un distributore autorizzato o da un concessionario possano essere riconosciuti come atti effettuati dietro il consenso del titolare del marchio stesso. Quindi Ferrari ha dimostrato di aver consentito implicitamente all’uso del marchio da parte di terzi. Per quanto concerne invece gli accessori e i pezzi di ricambio il Tribunale ha sostenuto che anche in questo caso l’uso del marchio è stato fatto sempre da parte di distributori e concessionari autorizzati. Per ultimo, quando si parla di modelli in miniatura di automobili, il Tribunale ha considerato che un terzo può usare un marchio simile senza il consenso del titolare, a condizione che l’utilizzo che ne fa si limiti ad indicare al pubblico di riferimento che si tratta di una riproduzione fedele di un autentico modello di automobile. Premesso quanto sopra la Ferrari è ancora titolare dei diritti sul marchio “TESTAROSSA”, con la sentenza alle cause T-1103/23 e T-1104/23 del 02/07/2025.

“ Marchio e contraffazione”

Un recente caso giudiziario ha riportato l’attenzione sull’importanza di tutelare il proprio marchio al fine di salvaguardare i propri prodotti/servizi dalla concorrenza. Stiamo parlando di una disputa in essere tra Diesel e Calvin Klein, causata dall’utilizzo di una particolare etichetta sui jeans prodotti dalle due aziende. Entrando nello specifico Diesel aveva citato in giudizio Calvin Klein perché sosteneva che la casa di moda americana avesse utilizzato un segno distintivo simile al proprio, generando una confusione tra i consumatori, con l’aggravante che questa somiglianza faceva in modo che Calvin Klein beneficiasse indebitamente della reputazione del proprio brand. La Suprema Corte ha respinto però il ricorso di Diesel, stabilendo che non c’era rischio di confusione tra i marchi in questione, evidenziando anche il comportamento dei consumatori. La Corte ha valutato che coloro che acquistano jeans di fascia medio-alta sono molto attenti ai dettagli, alla qualità del prodotto, dei materiali e alla presenza di loghi o segni distintivi visibili. In conclusione questo caso ha ribadito i principi fondamentali della tutela del marchio e della concorrenza leale, affermando che per stabilire una violazione non basta una somiglianza superficiale tra due segni distintivi, ma è fondamentale dimostrare un rischio concreto di confusione per il consumatore finale. A rafforzare questo concetto, la conferma che la protezione di un marchio deve basarsi su elementi chiari di distintività, per poter anche godere di una tutela ampliata e che comunque la somiglianza visiva non è sufficiente a determinare una contraffazione.

 

“Société Tour de France contro Tour DE X”

Riflettiamo sul concetto di “rischio di confusione”, elemento fondamentale nella tutela dei diritti del titolare di un marchio. Il rischio sorge quando il consumatore confrontando due segni distintivi potrebbe essere indotto a credere che i prodotti o i servizi offerti, sotto tali marchi, provengano dalla stessa fonte imprenditoriale o da imprese legate economicamente.  Nel valutare tale rischio i Tribunali competenti e l’EUIPO prendono in considerazione diversi fattori che possono portare a far decadere questo pericolo. Ciò è successo nel caso di “Tour de France” e “Tour DE X”. La catena tedesca di sale Fitness FitX ha richiesto la registrazione come marchio europeo del segno figurativo “Tour DE X”, per prodotti e servizi tra cui l’abbigliamento, le scarpe , articoli sportivi e attività sportive. La società francese Société Tour de France si è opposta a tale registrazione facendo emergere il rischio di confusione. L’EUIPO invece ha considerato che tale rischio non sussisteva perchè l’impiego del marchio “Tour DE X” non avrebbe assolutamente  tratto alcun vantaggio dai marchi noti della Société Tour de France. Quest’ultima ha impugnato il verdetto dell’EUIPO innanzi al Tribunale dell’Unione Europea, che invece ha rigettato il ricorso, confermando la posizione dell’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale. Il Tribunale UE ha ritenuto che il pubblico non confonderà i marchi perché l’unico elemento comune tra i marchi e cioè l’espressione “tour de” è un carattere distintivo troppo debole e largamente utilizzato nel contesto di gare ciclistiche , come è altrettanto debole il grado di somiglianza tra i marchi.

“La Corte di Giustizia dell’UE vieta la registrazione del marchio Pablo Escobar”

Il tutto risale al settembre 2021 quando la società Escobar Inc. presenta all’Euipo  (Ufficio Europeo della proprietà intellettuale) la domanda per registrare il proprio marchio per una gamma di prodotti e servizi molto vasta. Gli esaminatori dell’Euipo rifiutano completamente tale richiesta, secondo il Regolamento del marchio nell’Unione Europea che vieta le registrazioni di segni che risultano essere contrari al buon costume e all’ordine pubblico. La Escobar Inc. non accetta tale decisione e decide di impugnarla perché sostiene che l’Ufficio Europeo ha applicato in maniera troppo rigida il regolamento, senza tenere in considerazione se concretamente la maggioranza del pubblico percepisce questo marchio come un marchio immorale. Nell’avvalorare questa affermazione fanno emergere che ci sono altri marchi registrati all’UE, vedi Bonnie e Clyde, Robin Hood, Che Guevara che comunque sono diventati dei personaggi nella cultura popolare pur essendo delle figure che hanno creato dei problemi nel corso della loro storia. Sono molte le argomentazioni che la Escobar Inc. porta a proprio favore ma, la commissione di ricorso dell’Euipo non accetta tale richiesta. Non contenta, la Escobar Inc. decide di impugnare nuovamente tale decisione di fronte ad un’autorità come il Tribunale dell’UE. Anche quest’ultima mossa è risultata vana perché con la sentenza del 17 aprile 2024 il Tribunale ha confermato il rifiuto della registrazione definitivamente. Non si dimentichi che esistono delle tipologie di segni che possono essere oggetto di divieto di registrazione, secondo il Regolamento UE, segni che riguardano sostanze illecite, elementi volgari, eventi tragici etc. . Fondamentale nei principi della proprietà intellettuale e nello specifico quando si parla di marchi, è la liceità del marchio.

“Il marchio e nome a dominio Fiorentina.it non può essere registrato o usato da terzi”

La vicenda nasce da una società, proprietaria della testata giornalistica e rivista online “fiorentina.it”, di cui il sito web è www.fiorentina.it ,definito il sito dei tifosi viola. Tale società aveva registrato il marchio “fiorentina.it” ed usava il nome a dominio “fiorentina.it” per collegare tale sito ad internet. A seguito di ciò la Fiorentina lamentava il fatto di non aver mai autorizzato né la registrazione del marchio, né quella del nome a dominio, sottolineando che il marchio avversario fosse nullo creando un rischio di confusione per il pubblico. La società calcistica chiedeva che venisse accertata la contraffazione dei propri marchi. Il Tribunale di Milano ha definito che il marchio “Fiorentina.it” della società convenuta, essendo posteriore ai marchi attorei , non possiede il requisito di novità e ne ha dichiarato quindi la nullità, tenuto conto anche del fatto che i marchi in questione sono quasi identici. In aggiunta, secondo il Tribunale di Milano, la mala fede della convenuta risultava dal fatto che quest’ultima era a conoscenza dei marchi della “Fiorentina”, essendo tali marchi conosciuti e celebri sia in Italia che all’estero.  In considerazione di questa notorietà era evidente la volontà della convenuta di confondersi o agganciarsi ai marchi “Fiorentina” della squadra di calcio. I giudici milanesi hanno affermato che il marchio “Fiorentina” non è un marchio debole e che i marchi utilizzati in campo sportivo possono essere usati o registrati solo dall’avente diritto. In conclusione, il marchio “Fiorentina” può essere utilizzato e registrato soltanto dalla Fiorentina. Proprio per questo motivo il Tribunale ha disposto il trasferimento del nome a dominio fiorentina.it a favore della società di calcio. I nomi usati nel settore sportivo, se notori, non possono essere utilizzati liberamente da terzi che si agganciano alla rinomanza del marchio in questione.

 

“Il Cubo di RubiK”

Il “cubo magico”, inventato nell’anno 1974 dal professore di architettura e scultore ungherese E. Rubik, fu registrato come marchio tridimensionale a colori nell’anno 2008. Successivamente nell’anno 2022 a seguito di presentazione di una domanda di nullità, è stato dichiarato nullo. Perché? Perché  non sono registrabili come marchio dell’Unione Europea quei segni che sono costituiti da una forma necessaria per l’ottenimento di un risultato tecnico. La logica di questa norma è proprio quella di impedire ad un’impresa di detenere il monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche funzionali di un prodotto, realizzando così un sistema di concorrenza sano ed equo. Il titolare del marchio ha presentato ricorso e la Commissione, dopo aver  individuato delle caratteristiche essenziali del segno in questione, ha concluso che la forma di cubo e la struttura a griglia sono  necessarie all’ottenimento di un risultato tecnico che è quello di risolvere il rompicapo. Anche per i colori la Commissione è giunta al medesimo risultato, stabilendo che i colori diversi del cubo sono fondamentali all’ottenimento del risultato finale; ossia abbinare tutti i quadrati dello stesso colore  su ciascun lato. Il cubo non potrebbe funzionare come un puzzle tridimensionale qualora tutte le sei facce avessero lo stesso colore. Partendo da tutte queste valutazioni la Commissione di Ricorso ha quindi confermato la decisione della Divisione Annullamento, dichiarando così nullo il marchio tridimensionale.

“Puma e Rhianna, il marchio UE”

Attenzione puntata su Rhianna e su Puma ; la popstar e la casa di produzione si sono ritrovate inconsapevolmente al centro di una disputa legale. Infatti il Tribunale Europeo ha confermato la decisione dell’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale di annullare la domanda di registrazione di un modello di sneakers che Puma aveva depositato alfine di tutelare tale disegno da eventuali imitazioni. Stiamo parlando dell’agosto 2016. Due anni prima la cantante aveva indossato un paio di scarpe molto simili al modello registrato. Chiaramente tali scarpe, indossate da lei, avevano fatto il giro del web e questa situazione non è per nulla sfuggita all’Euipo. Secondo tale ufficio quell’accaduto bastava a dimostrare la divulgazione anteriore del disegno e le foto che erano state caricate sul profilo dell’artista mostravano molto bene le scarpe che avevano caratteristiche che ricordavano molto quelle tutelate da Puma. Quest’ultima ha provato a difendersi sostenendo la teoria che le scarpe mostrate dall’artista nel dicembre 2014 non avevano destato alcun movimento e nessuno si era veramente interessato a quel modello. Si è trattato però di un’argomentazione poco convincente per i giudici europei. Secondo il Tribunale, Rhianna nel 2014 era già una star affermata a livello mondiale quindi non era possibile che nessuno avesse notato le scarpe da lei indossate, pertanto non potevano essere considerate originali, quando erano già state viste sul mercato. Conclusione, Puma perde il marchio Ue, quale conseguenza di aver visto quelle scarpe qualche tempo prima sul mercato. Ora a Puma rimane la scelta di impugnare o non impugnare la decisione presa dalla Corte UE.

“Vespa, marchio UE confermato”

La Vespa è unica e inconfondibile e come tale deve essere tutelata.

Nell’anno 2013 la Piaggio aveva presentato una domanda  di registrazione  del marchio UE per il segno tridimensionale corrispondente alla forma di uno scooter “Vespa”. La registrazione è avvenuta nell’anno 2014. Nel frattempo dopo qualche anno una società cinese di motocicli ha presentato all’Euipo una domanda di nullità di tale marchio. Nell’ottobre 2021 Euipo accoglie tale richiesta della società cinese in quanto ritiene che ci sia una mancanza di prova del carattere distintivo del marchio che rappresenta uno scooter. La Piaggio non condividendo tale posizione propone un ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, presentando diversi elementi di prova, quali sondaggi di opinione, dati relativi al volume delle vendite, l’utilizzo della Vespa in un film di fama mondiale come “Vacanze Romane”, senza tralasciare la presenza della Vespa al Museum Art di New York. Tutti questi elementi indicano ed evidenziano la riconoscibilità del marchio a livello globale nell’Unione. In generale un marchio UE registrato non può essere dichiarato nullo se, per l’utilizzo fatto, tale marchio acquisisce un carattere distintivo dopo l’avvenuta registrazione. Pertanto ad oggi l’annullamento del marchio da parte dell’Euipo, a seguito della domanda di un gruppo industriale cinese, è stato posto nel nulla dai giudici di primo grado della causa europea aperta da Piaggio per tutelare il segno distintivo, che proclama essere di sua proprietà. In conclusione, la forma tridimensionale della Vespa è un marchio distintivo perché riconoscibile e riconosciuto in tutta l’Unione Europea.

“La proprietà intellettuale a difesa di un marchio”

Per le imprese di ogni settore diventa estremamente importante avere un consulente di riferimento nell’ambito della proprietà intellettuale. Sempre più spesso accadono episodi di violazione di marchi da parte di imprese cinesi, violazioni che coinvolgono non solo i grandi nomi delle industrie, ma anche realtà medie del mercato italiano e mondiale. Questo è successo anche per Tesla quando in Cina é comparsa negli scaffali  dei negozi di alimentari la “Tesla Beer”. Questa birra però non ha nulla a che fare con la compagnia di auto elettriche creata da E. Musk ; il produttore era una società cinese che si occupa di produzione di bevande e di alimenti. Ovviamente si è creato un rischio di confusione che ha originato numerose battaglie legali, con la Corte che ha dato definitivamente  ragione a E. Musk. Infatti la sentenza che ha dato ragione alla vera “Tesla”, ha imposto all’azienda cinese produttrice di birra di cessare immediatamente le pratiche di concorrenza sleale risarcendo a Tesla i danni d’immagine provocati. In aggiunta il giudice ha ordinato all’imputato di rilasciare una dichiarazione pubblica su giornali importanti al fine di controbilanciare eventuali ricadute negative di tale violazione. Nell’anno 2019  comparvero sul mercato cinese tutta una serie di bevande alcoliche, “Tesla Beer”, “Tesla Soda”. Erano bottiglie caratterizzate da un logo a forma di T e venivano commercializzate con uno slogan che parlava del falso marchio Tesla come di un marchio all’avanguardia nel settore degli alcolici negli Stati Uniti. Quanto sopra fa riflettere e sottolinea l’importanza   per le imprese di affidare ad un esperto di consulenza in proprietà intellettuale il monitoraggio dei propri marchi a livello nazionale, europeo ed internazionale.